La
Visita Pastorale di Mons. Carlo Giacinto Lascaris del 4 Ottobre
1712, così la descrive:
"La chiesa di S. Francesco è ad unica
ampia architettura, ma irregolare avendo due navate, di cui
la prima ha il tetto a tegole e la seconda a volta; ma il
portale è unico. Ha una torre campanaria, il coro ed
accanto una sacrestia ben fornita di arredi sacri.
L’altare di S. Antonio di Padova fu costruito a spese
della famiglia Rotondi a cui apparteneva il P. maestro generale
dell’Ordine dei Conventuali, mentre l’altare di
S. Francesco è decorato di un’urna assai lavorata
per contenere il corpo di S. Felice Martire quivi trasportato
da Roma per interessamento del P. Carusio dello stesso Ordine.
La chiesa è di proprietà dei frati conventuali
dell’Ordine dei Minori Conventuali che vivono nell’annesso
Convento.
Questo ha una comoda struttura, ma irregolare e non poco rovinata
dal terremoto.
Ha sufficienti entrate di cui vivono otto religiosi.
Sotto questa chiesa, entro il Convento vi fu un tempo un piccolo
Monastero dell’Ordine de S. Benedetto con l’annesso
Oratorio amministrato dagli stessi monaci. Quando i monaci
partirono, i diritti e l’uso della chiesa passarono
ai frati Minori Conventuali, solo riservandosi la Comunità
il diritto sulla sacrestia per adibirla ad uso archivio pubblico
e di arsenale per la custodia delle armi.
Questa promiscuità di diritti fu causa di interminabili
liti tra la comunità e i frati del detto convento,
liti che ancora durano.
Infatti Mons. Lascaris, chiamate le parti, addivenne
ad una composizione, riconoscendo la proprietà ai frati
mentre il Comune a sanazione di affitti arretrati dava un
sussidio di 30 scudi per il restauro della chiesa di S. Nicola".
Dagli atti del pubblico Consiglio del 1572 risultava che il
Comune pagava l’affitto ai Frati per la stanza dell’Armario
o Arsenale, ed in seguito il Comune cedette in compenso l’area
del vicolo a sinistra del Convento (atto rogito Menetoni.
Così nel Reg. catasto, Legati, Inventari del Convento).
Don
Angelo Corona che è stato il parroco di Monteleone
per moltissimi anni la racconta così:
“E’ la costruzione più grande, veramente
monumentale e ricca, del centro storico di Monteleone.
Le sue strutture primitive e le sue dimensioni si possono
notare osservando attentamente la parete sud dell’abside.
Le origini del nucleo primitivo risalgono al sec. XII. Era
un oratorio benedettino poi ingrandito dai francescani.
Il titolo della chiesa è sempre stato “Santa
Maria” (anche oggi titolare è la Madonna dell’Assunta)
ma è detta chiesa di S. Francesco per la presenza dei
francescani.
Aveva una sola navata e tetto a capriate. Lungo la parete
ovest vi correva un porticato e da questa si entrava in chiesa;
ad est fu edificato il chiostro nel sec. XIV.
Una particolare attenzione merita il portale esterno della
chiesa, opera originale romano-gotica dei Maestri Lombardi.
Un fascio di tre colonne tortili, delimitate nella parte esterna
da una fascia di punte stellate, gira tutto intorno.
Nella parte più interna una fascia è riempita
di figure di frutta, fiori, foglie, animali, angeli e santi;
oltre che espressione tipica dell’arte gotica, sembra
la realizzazione figurativa del Cantico delle Creature.
Particolarmente ricco il capitello di sinistra.
A fianco dei capitelli due grandi leoni sporgono, come sentinelle,
dalle mensole. Nella ogiva affiorano i resti di un affresco
raffigurante la Madonna, S. Francesco e S. Nicola.
Tra il 1395 e il1398 la chiesa fu “tagliata” nella
sua altezza da una volta a tutto sesto ricavando così
due chiese: una superiore ed una inferiore.
Nella parte superiore furono costruite la sacrestia, il corridoio
laterale con le porte di accesso al convento, la facciata
ed il portale.
Nella parte dell’abside fu chiuso il finestrone originale
e furono aperte due finestre per dare luce alle due chiese.
Fu costruita la parete ovest attuale in linea con i pilastri
del porticato che, insieme ai capitelli, formano una elegante
decorazione architettonica.
Il locale ricavato tra l’antica e la nuova parete ovest
della chiesa fu diviso anch’esso in due parti: l’inferiore
adibita a cimitero, la superiore divenne l’attuale navata
laterale, più piccola, messa in comunicazione con la
grande con fornici tagliati nella primitiva parete.
Questa navata piccola, spogliata recentemente dagli intonaci
che ricoprivano pilastri e crociere, ha una sua caratteristica
ben definita: trecentesca.
La navata grande, lunga 44 metri, è la vera sala dell’assemblea.
Nei lavori di restauro eseguiti dalla Soprintendenza ai monumenti
e gallerie dell’Umbria dal 1956 al 1960, è stato
ricostruito il tetto, rinnovato il pavimento con cotto dell’Impruneta,
riportati alla luce tutti gli affreschi restaurati poi dal
Prof. Blasetti.
(Dopo un grave furto subito la notte del 26 Ottobre 1976,
l’amministrazione del Consorzio dei Possidenti di Monteleone
offrì le porte blindate per meglio proteggere le ricchezze
artistiche custodite nella chiesa).
Il terremoto del 1703 recò gravissimi danni al monumento.
Crollò il tetto e la parte superiore della facciata
con il rosone. Oggi è ben visibile tale mutilazione.
Al posto dell’antico tetto a capriate fu costruito l’attuale
soffitto ligneo a cassettone, diviso in otto riquadri.
Essendo la chiesa come abbiamo detto dedicata alla Madonna,
la decorazione del soffitto è tutta improntata su simboli
biblici riferentisi alla Madonna. L’opera fu eseguita
a tempera da “Joseph Frigerius de Nursia –
1760”. Così è scritto nell’angolo
sinistro anteriore.
La grande pila dell’acquasanta, a sinistra della porta
principale, è datata 1639, come le due piccole ai lati
del coro sorrette da una mano; fanno parte di un complesso
di opere compiute in quegli anni dal grande restauratore del
convento: Padre Giovanni Antonio Massari di Monteleone.
Nell’interno, alla parete di sinistra, si nota una statua
lignea di Sant’Antonio Abate (sec. XVI), segue un ricco
altare barocco in legno dorato con sarcofago in rococò
contenente le reliquie di S. Felice Martire.
Vari affreschi rappresentano: la “Dormitio Virginia”
(morte della Madonna), San Giorgio, altre due immagini della
Madonna, un resto di una crocifissione, una Madonna col bimbo
in trono, un’altra immagine della Vergine col bimbo
(visibili soltanto le teste), una parte del corpo di S. Maria
Maddalena e di un Santo eremita (forse S. Ilarione).
Tutti questi reperti sono di una grande finezza, superiore
alle comuni immagini devozionali fatte eseguire da pittori
ambulanti; probabilmente sono da attribuirsi a pittori della
scuola umbra del sec. XIV.
Una ricca cornice seicentesca contiene una bella tela raffigurante
la Madonna col Bambino, S. Francesco da Paola con angioletto
reggente “Charitas” e S. Gaetano da Tiene, il
santo della provvidenza; infatti alla sua preghiera rivolta
al cielo rispondono gli angeli gettando spighe di grano sulla
terra.
Un’altra tela, senza cornice, raffigura l’Annunciazione:
è opera del pittore romano Agostino Masucci ed è
datata: 1723.
Nel presbiterio l’altare di S. Antonio, opera barocca
in marmo donata dalla famiglia Rotondi nel 1694.
L’altare
maggiore è arricchito da un grazioso paliotto
in pietra ornato di testine d’angeli; al centro lo stemma
della famiglia De Rubeis.
Dietro l’altare maggiore il coro in noce, con 14 stalli,
del sec. XV. In mezzo al coro, su un piedistallo di ferro,
un prezioso Crocifisso ligneo del sec. XIV di preziosa fattura.
Nei due lati restringenti il presbiterio affreschi del sec.
XVI raffiguranti S. Leonardo e S. Stefano con gli stemmi dei
francescani e del Comune di Monteleone.
Sotto l’arco della prima cappella, vicino al presbiterio,
un elegante Tabernacolo in pietra con angeli adoranti e piastrini
laterali ornati, opera rinascimentale.
Sopra questo Tabernacolo due immagini della Madonna
della Quercia in affresco; sotto una c’è
scritto “Devitie devozione” (con tanta devozione).
La parete destra, da cima a fondo, è ornata da una
serie di tredici quadri raffiguranti Gesù con i dodici
apostoli; furono donati alla chiesa di S. Francesco da un
prelato monteleonese: Tommaso Sereni nel 1666 (la data è
nel quadro del Redentore).
Dopo la terza tela una lapide in marmo ricorda il Governatore
Alberico Cybo Malaspina ed il benefattore
Amico Sinibaldi, nobile romano.
Nella navata piccola, in fondo, il fonte battesimale con colonnina
quadrangolare romanica proveniente dall’antica chiesa
di S. Nicola ed una vasca in pietra cinquecentesca. Sul primo
pilastro sono incastonati due vecchi cimeli: un’acquasantiera
ricavata da un capitello ed un’immagine di S. Maria
Maddalena, in pietra, opera di arte longobarda.
Dietro il fonte battesimale una grande cornice in noce intagliata
e dorata contenente la tela raffigurante l’Immacolata
(rimaneggiata) con vari Santi ed in basso un paesaggio classico
con frasi inneggianti alla Vergine.
Lungo la parete esterna affreschi con le immagini di S. Giuseppe
e S. Antonio da Padova (1532) e la Madonna di Loreto (1527).
Più avanti, vicino alla finestra tribolata, preziosa
immagine affrescata di Gesù sommo ed eterno sacerdote,
con paludamenti pontificali bizantini, inchiodato sulla croce;
ai suoi piedi un altare con calice e pane, opera del XV secolo.
Sulla parete di fondo altare con paliotto in marmo intarsiato
e sopra un grande crocifisso ligneo del sec. XVI con ai lati
due statue in carta pesta napoletana raffiguranti la Madonna
Addolorata e S. Giovanni Evangelista.
Sopra il confessionale tela raffigurante l’adorazione
del SS. Sacramento a ricordo dell’istituzione della
relativa confraternita e stemma di Giovanni Antonio De Rubeis
(costui, proprietario di una casa a Monteleone , in Via del
Teatro, e della chiesina di S. Lucia nella vallata, donatore
dell’altare maggiore e dell’altare di S. Felice
in S. Francesco, fu celebre architetto in Roma. Di lui si
sa con certezza che tra le altre cose fu consultato dall’arch.
Pozzo per la costruzione dell’altare di S. Ignazio nella
chiesa del Gesù. Morì a Roma nel 1695 e la sua
tomba si trova proprio in mezzo alla chiesa del Gesù,
con generoso epitaffio).
Sopra
la porta che immette in sacrestia un’epigrafe in porfido
ricorda che Padre Felice rotondi, a quell’epoca già
Ministro Generale dei Conventuali, donò nel 1700 tutto
il complesso degli armadi, paratorio e casse in noce che ancora
si conservano nell’interno.
Il grandioso e ricco complesso, tenuto in ottimo stato, racchiude
tutte le suppellettili della chiesa: vasi sacri, paramenti,
biancheria, candelieri, croci e reliquiari.
Nel vano dell’attuale sacrestia si conservano anche
due statue lignee raffiguranti la Madonna col Bambino: una
del sec. XIII, proveniente dalla Chiesa ed Eremo “Madonna
di Castelvecchio” e l’altra del sec.
XVII dalla Chiesa ed Eremo “Madonna delle Grazie”.
Nella chiesa vengono inoltre conservati armadi e tavoli di
preziosa fattura; tre codici membranacei del se. XV ed un
piccolo organo del 1700, con ricca cantoria e sportelli dipinti
a tempera sullo stesso stile del soffitto.
Le vetrate, donate da alcuni monteleonesi, sono opera moderna
della ditta M. Mellini di Firenze.
La grande vetrata nella parete di fondo raffigurante l’Assunta
ed uno scorcio di Monteleone, fu progettata dall’arch.
Guerrino Cardinali, monteleonese.
Il chiostro, nel lato sinistro, risale al 1300.
Inizialmente era ad un solo porticato con tetto, poi fu sopraelevato
ed adibito in parte ad abitazioni per il convento, in parte
corridoio di fianco alla chiesa, dove si conservano scene
affrescate della vita di S. Francesco e vari reperti marmorei
di epoche diverse. Al centro del chiostro vi era una cisterna;
nel 1579 fu eseguita la selciatura intorno alla cisterna.
Dal
chiostro si accede alla chiesa dedicata a S. Antonio
Abate e S. Antonio da Padova, ora in parte adibita
a teatrino. E’ stata ricavata alla fine del 1300 tagliando
a metà l’intera costruzione primitiva.
Conserva ancora oggi preziosi affreschi del 1400.
Il
campanile è munito di quattro campane.
La più grande del peso di circa undici quintali e mezzo
fu acquistata nel 1578. Nei primi anni del 1900 iniziò
a rompersi e Nazario Lelli, ingegnere di Monteleone che lavorava
alle acciaierie di Terni, si interessò a farle riparare.
Ma nel 1919, a causa del prolungato scampanio per festeggiare
la fine della guerra, si ruppe definitivamente e fu rifusa
a Roma dalla Ditta Eugenio Lucenti.
E’ dedicata all’Immacolata e reca scritta la frase:
“QUASI AURORA SURGENS”.
Sono incisi anche i nomi di tutti i benefattori che contribuirono
alla rifusione.
La seconda è dedicata all’Assunta, è del
1778 e reca l’iscrizione:
”EXALTATA SUM SUPER CHOROS ANGELORUM. P. BAC. PETRUS
PRIMAVERA GUARD. ISTAM TURRIM CAMP. AERE CONTUS AMPLIARI CONSTRUIQUE
MANDAVIT CAROLUS ANTONIUS PETROLINI DE TREBIO”
“Sono stata esaltata sopra i Cori degli Angeli. Padre
Pietro Primavera, con denaro raccolto, incaricò Carlo
Antonio Petrolini di Trivio di costruire ed ampliare questa
torre (campanaria)”.
La terza è del 1773 ed è dedicata alla Santa
Croce e porta inciso:
”ECCE CRUCEM DOMINI FUGITE PARTES ADVERSAE”.
“Ecco la Croce del Signore, fuggite potenze avversarie”.
La quarta, la più piccola, era la campana dell’Ave
Maria e suonava anche quando i frati andavano in coro. Porta
la seguente iscrizione:
“AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM. VENITE EXUTEMUS
DOMINO. T. G. FECIT. A. D. 1683”.
“Ave Maria piena di grazia il Signore è con Te;
Venite, esultiamo il Signore. T.G. fece nell’anno del
Signore 1683”.
(Bibliografia
di approfondimento: "Convento e Chiesa di San Francesco
in Monteleone" a cura di don Angelo Corona)
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