Chiesa S. Maria del Piano de Equo
( frazione Ruscio)
di Patrizia Penazzi
L'Alto Medioevo, vide sorgere nel territorio di Monteleone numerose celle monastiche, fondamento di ville e di cappelle durate nei secoli successivi.
La più antica è S. Maria del Piano de Equo sulla piana di Ruscio di Monteleone vicino al fiume Corno ed al fosso di Trivio.
Era il centro di culto più importante dell'antico gastaldato longobardo denominato “equano” da qui si deduce l'attribuzione “de Equo”.
La Pieve è ricordata nel sec. XIV dal codice “Pelosius” e dalle “Rationes Decimarum” del 1333 (cf. P. Sella,
n. 2823) della Diocesi di Spoleto.
Solo nel sec. XVIII il priorato benedettino, “Prioratus S. Marie de planu” fu ridotto a semplice beneficio alla morte dell'ultimo eremita Fra Paolo avvenuta nel 1731.
Un'epigrafe in S. Nicola di Monteleone ricorda che in quell'anno per interessamento del dottor. Giovanni Battista Menetoli, il papa Clemente XII trasferì a S. Nicola le decime e le rendite dei canonicati di S. Maria del Piano.
Mons. Carlo Giacinto Lascaris Vescovo di Spoleto scrive in “Visita pastoralis, ms 1712 tomo II Arch. Arciv. Spoleto” riassumendo le antiche tradizioni:
“La chiesa di S. Maria del Piano sorge presso il fiume Corno.
V'è un unico altare con la statua lignea della B. V. M. chiusa in una decorosa grata di ferro.
A cornu evangelii v'è una porta laterale da cui per alcuni gradini si scende alla cripta (ecclesiam subterraneam) piccola ma assai bella per le mura antiche su cui si scorgono antichi dipinti e per i relitti di due altari.
Si dice che nel secondo altare si conservano insigni reliquie, trasferite poi a S. Nicola, attuale pievania di Monteleone. Sotto il primo altare sarebbe stato sepolto il corpo del venerabile Gilberto o Liberto , un eremita che era vissuto molti anni in questo luogo, qui venerato dai popoli fin dal 1400.
Da
un'altra porta laterale si entrava in una stanza rustica che fu
abitazione degli eremiti fino al 1703 quando la chiesa fu rovinata
dal terremoto.
Da antiche tradizioni si sa che questa chiesa fin dall'origine fu la Pieve matrice di tutte le altre chiese della Terra e del distretto di Monteleone ed era amministrata dai monaci Benedettini. In seguito fu trasformata in beneficio semplice e concessa ad un sacerdote con l'obbligo della residenza. Recentemente l'ottenne, con dispensa dal risiedervi, il rev.mo Vallemani, priore di S. Nicola a Fabriano, che ne riscuote le rendite abbastanza pingui provenienti dai prati e dalle decime, e ne lascia la cura delle anime al rettore della chiesa parrocchiale di Monteleone coll'obolo di 2 scudi annui.
Anche il fonte battesimale dopo il 1310 era stato trasferito in quella chiesa. L'illustrissimo Visitatore ordinò che si redigesse una relazione dello stato della chiesa per poterla trasmettere al Card. Vallemani”.
Dalla descrizione del Lascaris,
si comprende l'importanza storica di S. Maria del Piano de Equo.
Scrive don Ansano Fabbi (Storia di Monteleone di Spoleto
pubblicata su Leonessa e il suo Santo):
“Oggi nella solitudine campestre dell'altipiano di Ruscio,
fasciata di verde, si scorge la chiesa, vetusta come un foglio
di pergamena ingiallita usata successivamente per palinsesto.
Nel piccolo Oratorio del sec. XII, coperto a volta con resti di
affreschi, penetra per una stretta feritoia una luce scialba e
serotina. Una piccola campana sugli archi a vela, suonata dall'eremita,
annunziava la fine del giorno ed invitava gli agricoltori alla
preghiera.
Nel sec. XIII sorse accanto alla Pieve romanica adorna
di un nartece a capanna su di un portale sormontato da lunetta.
Sulla facciata un tempo era un oculo ad abbellire la
cortina, i cui filaretti irregolari si prolungano sulle pareti
esterne ed interne.
L'Oratorio non più in uso, per l'accumularsi di
detriti alluvionali, fu chiamato cripta e servì a seppellirvi
i cadaveri dei “filii ecclesiae”.
Le pareti della chiesa furono abbellite di quadri votivi nel sec.
XVI.
Si scorge ancora un trittico con le immagini della Madonna col
Bambino tra S. Antonio Abate e S. Lucia. Sono dipinti di tarda
reminiscenza peruginesca, per gli esili ed estatici volti, dallo
sguardo sereno, dalla scollatura piatta secondo il manierismo
dei pittori della Valnerina al seguito di Giovanni Lo Spagna e
Giovanni di Girolamo spoletino.
La statua lignea di cui parla il Lascaris, si conserva in S. Francesco,
ed è un gioiello di scultura romanica della Valle.
Antonio Piersanti nel suo manoscritto del 1702 (Arch. Parrocchiale)
notava che l'8 Settembre nei pressi della Pieve si teneva una
fiera importante con la distribuzione di pani ad opera dei benefattori
Gentile e Luca Piersanti. Il portico che si ergeva sulla parete
sinistra serviva per questo mercato coperto: rappresentava anch'esso
una continuità storica delle feste che si celebravano attorno
al precedente tempietto pagano, dedicato forse alla “Magna Mater
Cybale”. Poi la fiera e la festa dell'8 Settembre fu trasferita
in Monteleone dove si celebra ogni anno con grande solennità.
I restauri eseguiti e quelli che metteranno in luce l'antica mensa
in pietra dell'altare del vecchio Oratorio, diano occasione ai
nostri fedeli di una reviviscenza di fervore e di pietà
attorno alla loro Chiesa matrice vetusta”.
La chiesa antica di S. Maria del Piano (VIII – IX secolo) è stata fortemente danneggiata nei secoli, a causa delle ripetute alluvioni del fiume Corno e del fosso di Trivio che hanno seppellito l'edificio per almeno due terzi dell'altezza originaria dei muri perimetrali.
L'odierna costruzione in cortina a filari di conci regolari, (il restauro fu completato nel 1973 per interessamento della Soprintendenza e dell'allora parroco don Sestilio), evidenzia forme romaniche oltre a presentare, inseriti nelle mura perimetrali, blocchi di pietra appartenenti ad antichi edifici romani che la fanno datare intorno al IX - XIII secolo.
Oltre alla chiesa la struttura comprende un ambiente che da sempre
è stato eletto come rifugio dagli eremiti dediti alla contemplazione
ed alla preghiera, (si ricordano il Beato
Fr. Gilberto o Liberto;
Fr. Angelo Peroni; Fr. Paolo che custodì
la Pieve fino alla sua morte avvenuta all'età di 84 anni
nel 1731).
La communitas plebis della valle, si riuniva sotto il portico per i conventus ante ecclesiam o consigli comunali e per il mercato. Le mensole aggettanti della parete sinistra, sono i resti di questo portico che è stato restaurato di recente.
Il Piersanti nel 1702 notava come l'8 Settembre nei pressi della Pieve si teneva una fiera importante con la distribuzione di pani ad opera dei benefattori Gentile e Luca Piersanti.
L'ambiente interno della chiesa si evidenzia per la sua semplicità, tipico aspetto delle Pievi campestri. Alcuni malridotti affreschi del sec. XV ricordano ai fedeli i Santi legati ai vari centri di culto ed alle storie della Passione di Cristo.
L'altare settecentesco è di stile barocco. Alla sua sinistra è visibile la Madonna in trono con il Bambino ed ai suoi lati S. Lucia e S. Antonio Abate. I due Santi sono identificabili: la prima, dal calice, simbolo del suo martirio; il secondo, dall'abito da eremita ed il bastone a forma di T. Procedendo verso l'altare ma sempre sulla medesima parete troviamo l'affresco con la Resurrezione di Cristo e con l'angelo che ne dà l'annuncio.
Sulla parete opposta è visibile il “Cristo in pietà” tra la Vergine e S. Giovanni.
Di spalle all'altare ma più in basso rispetto alla navata, c'è un piccolo ambiente rettangolare coperto da una volta a botte, identificabile probabilmente con l'antica cripta romanica, ricavata sotto alla stanza che gli eremiti erano soliti utilizzare come loro alloggio. I due piani almeno fino ad alcuni decenni fa, erano comunicanti per mezzo di una scaletta.
Ancora il Piersanti riguardo alla cripta così scriveva: “Questa chiesa è soggetta a notturne escavazioni da chi cerca tesori e ripostigli….. che si nascondessero cose preziose di quei luoghi che secondo le vicende dei tempi erano soggette alle incursioni ed alle rapine”.
Sulla parete dietro l'altare, si osserva l'affresco raffigurante “la scena della Crocifissione” di Giovanni di Pietro detto lo Spagna formatosi alla scuola di Pietro Perugino e databile all'inizio del cinquecento.
Intorno al 1200 le popolazioni campestri, per loro sicurezza, si trasferirono ad abitare dentro i castelli ed a frequentare i luoghi di culto ivi presenti, così, la Pieve, rimase abbandonata come tante altre.
Quando nel 1300 (Mons. Lascaris dice posteriormente al 1310), la giurisdizione ed il Fonte Battesimale (il titolo parrocchiale) fu trasferito nella Collegiata S. Nicola la Pieve “fu ufficiata per i pochi coloni della valle soltanto nei giorni festivi”.
Da qui, i molteplici furti che hanno portato, anche, al trafugamento e successivo recupero, insieme ad altre opere d'arte, della statua lignea della Madonna, molto venerata dai fedeli e risalente al XIII secolo.
Attualmente la statua dovrebbe essere conservata nella sacrestia della chiesa S. Francesco.
La communitas nel sec XIII fu assorbita dal comune di Monteleone, ma la giurisdizione spirituale rimase a questa chiesa matrice ancora per secoli.
Altopiano
del fiume Corno tra le frazioni: Ruscio e Trivio
Cenni storici
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Fraz. Trivio |
Fiume Corno e Fraz.Ruscio
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L'altopiano del fiume Corno tra le frazioni: Ruscio e Trivio di Monteleone di Spoleto, fu sede di habitat di tribù appenniniche e Sabine nella protostoria.
Vi si venerava il Iuppiter Poeninus, il Giove delle alture e la Cupras Mater.
La Magna Mater Cybele, fu sostituita dai Cristiani, con il culto di “S. Maria del Piano”.
Con la conquista romana il territorio fu dominato dalle tribù dei “Trebulani, Vettuleni, Quirini” come dimostrano le grosse pietre romane della parete sinistra della Pieve e la stessa stele di divinità femminile presso la chiesa di Trivio.
Nel X secolo, dietro la triste esperienza in Sabina dei Saraceni, sorsero i castelli di Vetranula, Astaquano, Pizzolo, Polvaria, Trogia e Brufa presso il quale sorse l'Oratorio di S. Benedetto oggi catacomba di S. Francesco.
Nell'Alto Medioevo, con la diffusione a mezzo degli Eremiti della Valnerina, sorsero varie celle monastiche attorno agli Oratori. Presso la “Curtis Trebiae” (di Trivio) e la “Bandita” sorse il primitivo Oratorio che costituisce la parte di fondo dell'attuale chiesa.
All'epoca longobarda gli Oratori si trasformarono in Pievi come la “Plebs Sanctae Mariae de Equo” cioè in “Castaldatu Equano”.
In quei secoli di vacanza di un governo stabile, dominavano spiritualmente ed economicamente le Abbazie benedettine di Farfa, di Sassovivo, di Ferentillo.
ll nostro Oratorio divenne Priorato benedettino in dipendenza dell'Abbazia longobarda di S. Pietro in Valle presso Ferentillo.
Allorché divenne Pieve, nel sec. IX fu assoggettata religiosamente con tutto l'altipiano alla Diocesi di Terni (Intermanae), e civilmente appartenne fino al sec. XIII “Ad Terram Tiberti” o tibertesca.