POESIA
DI ISA
(“I
quaderni delle bambine” di Maria Rita Parsi – ed. Mondatori)
Ai miei genitori
Sangue nel sangue
così hai chiamato
la violenza
che hai fatto al mio
cuore
al mio corpo
ai miei sogni
alle mie speranze.
Orco notturno
accusatore ingiusto
dove hai sepolto
i fiori che ho raccolto
per te
e la canzone
che da bambina
ti ho dedicato?
E tu
Madre silenziosa
serva,
nemica,
come t'addormenti ogni sera
sapendo quel che
sai e non dici?
Che vale perdonarvi!?
Non c'è perdono
In terra
per chi umilia
la luce.
Con te, padre
ho perso Dio.
Quando tu
mi hai voluto guardare
non ho avuto più nulla
nessuna difesa
accanto a me.
Da sola ho guardato
il mondo.
Era freddo,ostile.
Ed il mio corpo era un peso
grave
da sopportare.
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Al risveglio
ho trovato una lettera
ma non posso sapere che dice
non so leggere
e non voglio disturbare un sapiente dai libri:
ciò che c'è scritto forse
non lo saprebbe leggere.
la terrò sulla fronte
la terrò stretta al cuore
quando scende la notte
ed escono le stelle
la porterò sul grembo e resterò in silenzio
e me la leggeranno le foglie
che stormiscono
e ne farà un ruscello
col suo scorrer un canto
che a me ripeterà anche l'orsa del cielo
io non so trovare quello che cerco
o capire cosa dovrei imparare
ma so che questa lettera
che non ho letto
ha reso più lieve il mio fardello
e tutti i miei pensieri
ha mutato in canzoni.
Tagore
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Sotto
il burka
Rita
Sorrentino (1999)
Non fanno
rumore
i miei passi
sull'erba appena tagliata.
Mi fingo donna afgana
sotto il burka
prigione di stoffa
con grata a fiorellini.
Osservo il silenzio
imposto ai mie piedi,
in nome di Dio
ma quale Dio
può imporre castigo
se non c'è peccato?
Non fanno rumore
i
miei passi
ma
l'urlo di rabbia
salirà fino
a
questo Dio
inventato
dagli uomini
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Milioni
di donne
Adriana
Scarpa
Milioni
di donne
dipanano la vita nel chiuso
di pareti stinte.
Il pianto del bambino di notte
le unisce all'uomo di fianco
e divide
per la sacralità del suo sonno.
Poi viene il tempo
di fare la riga ai capelli
e riannodare le trecce sciolte,
viene il tempo
di soffiare nasi
e lavare ginocchia sbucciate.
Milioni di donne - così -
ad aspettare partenze e distacchi:
ed è sempre l'alba - ai risvegli
il volto è sempre bianco di stanchezza.
Ancora
milioni di donne non sanno
i respiri di betulla
- soltanto la fatica dei giorni -
non sanno i desideri e le braccia
ma solo gli affanni
e i ventri svuotati
che crescono silenzi
nei corpi sconfitti.
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Alchimie
per una donna
Adriana
Scarpa
Io
volerò attraverso la bocca della candela, indenne falena
(Sylvia
Plath)
Contratte
a cogliere i suoni le abbiamo lasciate
a fare e disfare su rozzi telai brandelli di vita.
Senza volto né nome
avevano cuori d'argento da appendere alle volte
di grotte scavate in anfratti
da seminare nell'alveo di fiumi asciutti come vertebre
di mastodonti in rilievo.
Furono mysterion rinchiuso tra rozze pareti, negli occhi l'arsura,
in
rigidezza di membra tenevano serrate frenesie di palpiti, un fuoco che ardeva.
Le abbiamo incontrate nei tempi di radici e tesori nascosti
nei raggi argentati di ruote che incidevano dentro la terra i drammi, gli eventi
e
graffiavano a unghiate di fuoco le carni.
A
spaccarle, come pigne,
come
frutto di cocco,
ne
uscivano nettare e latte
dolcezze
impensate
sotto
scorza di pelle-smeriglio,
sotto
grinze di ataviche pene.
Da
spaccati di secoli si spande il loro lamento
che è stato fragore di vene, rito, sentenza, un codice arcano
miniato
su arabeschi di vento, filigrana di Aracne in precario equilibrio.
Avevano
ritmi di lune e stagioni scandite da fasi di sangue,
da
ventri ingravidati e dovizia di seni.
Spaccarono
i corpi su durezza di zolle, sotto il cercine, come bestie da soma,
e
il riscatto
era solo un arbusto d'argento cui bruciare incensi e pietà.
Scolpite
su profili di roccia
hanno
avuto radici straziate, un urlo di lava saliva le visceri
da
squarci il magma fluiva su sciare di morte.
Furon
letto di foglie caduche, sottobosco, l'umore di terra
e
rugiada nell'alba
ma
anche aroma di fiori e fragranza.
Furon pane e il sapore dell'uva e la bocca che prega e lamenta
furon
grappolo e spiaggia e coltello, piaghe aperte
e
tradite beltà.
Le
chiamarono madri, amanti, sorelle circuendo il sentire del cuore
e
strapparono loro le vesti e strapparono loro le carni
anche l'anima stava inchiodata
alle
quattro pareti del cielo.
Furono
mani in preghiera ed occhi di veglia, ginocchia piegate
e
braccia in forma di cuna a proteggere i loro tesori.
Le
portarono in giro pel mondo ricamate sopra vessilli
ma
avevano mani piagate e labbra di luna spaccata,
cancellato
dal vento l'amore.
Parole
e condanna. Silenzi e condanna.
Nei
polsi l'irromper di vene e bruciava la fronte
e
l'affanno frantumava i lembi del cuore.
Sin
dai giorni di Eva era stato:
sul
paliotto dipinte madonne
ma
le ossa spezzate
l'ansia ruga sul volto.
Furon
grida taglienti a salire da tetti di canne
sangue
bruno a macchiare le gore e bufere
e
tormenti e ferite realtà.
Sempre
esposte alla folgore, al rito, alla luce radente di luna
han
portato sopra le spalle, loro sì, il peso del mondo
Loro,
i piedi di tutte le genti,
loro,
i corpi sudati a cercarle
a
squassarne le viscere, rapinarne ogni fiato.
Sono
state il bottino di guerra da portare in catene sul carro
loro,
schiave, le lingue tagliate,
incapaci
di prendere il volo
ripiegarono
le ali sul petto a proteggere vulnerabile il cuore.
Sono
state sospiri e sussurri.
Loro
fiaccole accese di notte
Loro,
fari a risplender nel buio
e
le grida dei sogni ed il vento che si è fatto carezza.
A
pensarle tappezzano i muri, sono luce che splende sui vetri
si
dilatano a chioma di albero, sono foglie che cantano
ed
il fiore sul fragile stelo
e
la forza dell'erba che sconfigge stagioni e ritorna.
Le
ho incontrate nel verde dell'alga
con
smeraldi negli occhi, con minuscole attinie in punta di dita.
Palpitanti.
Le
ho ascoltate in notti di luna scioglier canti d'amore dolcissimi
eran
l'ombra tra i tronchi degli alberi, il lucore di stella
e
la voce più forte, più alta, carezzevole al lobo,
Eran
mani: han posato carezze che lasciarono impronte di fuoco
e
la pelle era ruvida, dura
ma
struggente il gesto d'amore.
Io
le ho amate ed in esse l'essenza di me donna
che
nel mio tempo breve conservo memoria di quell'essere state
vene
aperte, riso lieve di mandorlo, un miscuglio di insonnia e fatica,
aggrappate
al bisogno di esistere
e
quell'ansia di dare e donarsi
col
sorriso a celare la pena.
Anche il
tempo si stanca
solo
il cuore resiste con le rughe
fiorite
ed i gambi
spinosi di rosa,
braccia
aperte in segno d'accolta
e gli occhi
radiosi, la notte,
della luce
di lune inventate.
S'è impigliata alla chioma dell'albero come sciarpa
la nenia
del canto - e resiste
di fanciulle
che furono
l'alone
di luce, una nota sperduta.
Le ho incontrate
scolpite nel marmo, dipinte ad affresco su volte ammuffite
processione
di vergini su musaici di sole.
Han lasciato
un messaggio di vita,
furon madri
dai fianchi larghi modellati in impasto di creta
e alchimie
sono state
e il segreto
per estrarre dal vile metallo lo splendore abbagliante dell'oro.
Han segnato
l'aria di sguardi
e le senti
ancora vagare le pupille-carezza sul corpo
e dan brividi
dolci alle carni.
Son presenze
nell'aria quando gonfian le nebbie
e le braccia
stan lì
e le mani
e le labbra di quelle che furono forme che riconosco
per questo
mio essere la loro propaggine ultima
il cuore
rosso-memoria delle loro storie di vita.
Solitaria
coltivo giorni e cantilenando racconto
di antichi
profili, di ombre che ormai hanno scordato
la legge
di gravità
e tra i
grandi alberi vanno fluttuando di sera.
Sono una
di loro. Lentamente
le fibre
del mio corpo si sfanno, come piuma rosata
sfrùscio
segreta e domani qualcuno leggerà anche la mia storia
sul pentagramma
del tempo immutabile.
Anche le
assenze hanno respiro.
Incorruttibile
il fiato.
Voce, voce
di taciuti sorrisi.
E ancora
giorni verranno e notti nell'arcatura del cielo.
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IL
CORAGGIO DELLE DONNE
Bruno
Esposito
Sono coraggiose
le donne,
ci costa caro, ma bisogna ammetterlo.
La fragilità? Solo uno stato culturale,
più che un dato biologico.
Sono forti e coraggiose, le donne.
Quando scelgono la solitudine,
rinunciando a un falso amore,
smascherandone la superficialità.
Sono coraggiose le donne, quando
crescono i figli senza l'aiuto di nessuno,
rivalutando l'ancestrale primato,
quello di essere mamme.
Hanno il coraggio di non chiedere
a uomini che sono anche padri,
la loro presenza, puntualmente assente.
Uomini che rifuggono le proprie responsabilità,
trincerandosi in comodi ruoli o paraventi
infantili di adulti mai cresciuti.
Sono forti e coraggiose, le donne,
quando a discapito di tutto e di tutti
scelgono i propri compagni; costruendo solide storie
spendendo patrimoni sentimentali, contro la morale comune.
Sono forti e coraggiose, le donne, quando sopportano,
violenze di ogni tipo, per salvaguardare quello che resta di famiglie,
che non son più tali
Sono la speranza del mondo, le donne, in qualsiasi
circostanza continuano a far nascere uomini,
che poi le tradiranno.